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Al patto di non concorrenza serve un compenso adatto

Il corrispettivo economico deve essere proporzionale al «sacrificio» del lavoratore

Per la Cassazione il datore non può decidere di recedere dall’accordo

Perimetro dell’attività, durata, luogo, compenso e forma scritta. Sono gli elementi essenziali di un patto di non concorrenza legittimo: un accordo che obbliga il lavoratore a non svolgere, dopo la cessazione del contratto di lavoro, un’attività in concorrenza con quella dell’azienda presso la quale è stato impiegato.

Peraltro, la Cassazione ha confermato recentemente che adempiere agli oneri previsti dal patto di non concorrenza è un vincolo preciso anche per il datore di lavoro alla fine del rapporto: la clausola del patto in cui sia eventualmente previsto che il datore si riserva di decidere alla risoluzione del rapporto se avvalersi delle limitazioni che derivano dal patto stesso è sempre nulla e comporta, in ogni caso, il diritto al compenso previsto per il lavoratore (ordinanza 23723/2021 pubblicata il 1° settembre, si veda Il Sole 24 Ore dell’8 settembre).

Il patto di non concorrenza è disciplinato dall’articolo 2125 del Codice Civile: l’accordo tra datore e lavoratore richiede una serie di requisiti in assenza dei quali è invalido.

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